Santa Isabella d'Ungheria

Almendralejo, proseguendo nella conoscenza della Parrocchia di Nostra Signora della Purificazione, percorriamo tutta la navata.

Descrizione

Almendralejo, proseguendo nella conoscenza della Parrocchia di Nostra Signora della Purificazione, percorriamo tutta la navata. Giunti sotto l’altare maggiore, sulla destra vediamo un grande dipinto murale che rappresenta la Santa Isabella d’Ungheria (Elisabetta). L'affresco è del pittore bergamasco Giovanni Gritti.

Nell’affresco “Santa Isabella d’Ungheria”, la protagonista fa parte di un gruppo di personaggi nelle posizioni più diverse, nell’atto di curare gli infermi, assistita da tre giovani donne dall’espressione dolce e serena. Il quadro, che copre circa 35 metri quadrati di muro, tagliato in parte dall’arco dell’accesso alla Cappella del Sagrario, è ispirato all’opera di Murillo che si trova nell’Ospedale della Carità di Siviglia.

Siamo proprio di fronte all’altare maggiore, sul muro di destra ed anche questa volta, come avvenne con il grande affresco di sinistra, la “Conquista di Siviglia del Re Ferdinando III di Castiglia”, restiamo colpiti dalla scena raffigurata, e vogliamo saperne di più.

Entrando nel dipinto con l’autore dell’affresco, il bergamasco Giovanni Gritti, aiutato da un altro artista italiano Ottavio Bernardi, desideroso di apprendere la tecnica dell’affresco, vediamo che il pittore riesce ad infondere corposità ai suoi personaggi con un sapiente uso dei colori, da quelli caldi a quelli freddi, ma sempre intensi.
Ci stupisce con un lavoro figurativo, di disegno e coloristico allo stesso tempo, con un marcato carattere decorativo e ricco di elementi ornamentali e simbolici.
Sulla sinistra e al centro la Santa, insieme alle sue ancelle, amiche fedeli fino alla morte, è rappresentata nei due miracoli a lei attribuiti, le resurrezioni di un bambino annegato e di un ragazzo morto da 5 giorni (accompagnato dai genitori). Alcuni mendicanti e malati rappresentano i molti che furono aiutati durante la breve vita della Santa. Sulla destra in basso possiamo immaginare il suo direttore spirituale Conrad. Sullo sfondo, in alto a sinistra, immaginiamo scene della vita festosa di corte, che la Santa abbandonò dopo la morte del marito e che il pittore volutamente lascia nella penombra.

Il trattamento dell'illuminazione, con una luce che viene da destra e agisce direttamente su volti e vestiti, dà origine al chiaroscuro, al contrasto di due temi in un unico dipinto. Osservando quindi la scena festiva senza colore dello sfondo e la disposizione della santa e delle tre figure femminili protagoniste, la mente ci porta lentamente verso evocazioni barocche.

L’eleganza stilistica del Gritti, il suo modo di lavorare, ispirato ad uno stile figurativo classico ed all’aspetto scenografico e decorativo delle opere che possiamo ammirare nella Parrocchia della Purificazione, ci parlano di una artista straordinario, creatore infaticabile, che con la sua vita e la sua opera ha scritto una splendida pagina nella Storia dell’Arte di Almendralejo.


a.c.

Riferimenti:
Tobías Medina Cledón, Resurgió de las Cenizas, Historia y Arte en la Parroquia de N.a S.a de la Purificatión de Almendralejo (1999), per gentile dono di Isabel García Vázquez dell'Ufficio del Turismo di Almendralejo.

Note sulla vita di Isabella d'Ungheria (Elisabetta)
Legata a Federico II di Svevia da lontani vincoli di parentela, Isabella è figlia di re Andrea II di Ungheria, fratello di re Emerico di Ungheria, primo marito di Costanza d’Aragona; morto Emerico, Costanza sposa Federico II di Svevia.
Nata nel 1207, a quattro anni di età è già fidanzata. Suo padre, il re Andrea II d’Ungheria e la regina Gertrude sua madre l’hanno promessa in sposa a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia, che la sposa solennemente nel 1221.
Elisabetta parte dalla sua patria con una ricca dote ed un grande seguito, comprese le sue ancelle personali, due delle quali le rimarranno amiche fedeli fino alla morte, e sono loro che racconteranno le storie sulla vita della Santa (I Detti delle quattro ancelle).
Ludovico di Turingia si adopera per organizzare la sesta crociata in Terrasanta e parte al comando dell’imperatore Federico II. Ma non vedrà la Palestina: lo uccide un male contagioso a Otranto.
Vedova a vent’anni con tre figli, Elisabetta riceve indietro la dote; può risposarsi, a quell’età, oppure entrare in un monastero come regina, o anche da penitente in preghiera, a scelta. Questo le suggerisce il confessore e direttore spirituale Conrad. Ma lei dà retta a voci francescane, e per i poveri offre il denaro della sua dote (si costruirà un ospedale). Ma soprattutto ai poveri offre l’intera sua vita. Questo per lei è realizzarsi: facendosi come loro. Visita gli ammalati due volte al giorno, e poi raccoglie aiuti facendosi mendicante. E tutto questo rimanendo nella sua condizione di vedova, di laica. Entra nell’Ordine francescano e si ritira nell'ospedale che aveva fatto erigere nel 1228 a Marburgo. Si dedica ai malati, anche a quelli ripugnanti, vive da povera e da povera si ammala, rinunciando pure al ritorno in Ungheria, come vorrebbero i suoi genitori, re e regina. La sua scelta di povertà scatena la rabbia dei cognati, che arrivano a privarla dei figli.
Muore in Marburgo a 24 anni, subito “gridata santa” da molte voci, che inducono papa Gregorio IX a ordinare l’inchiesta sui prodigi che le si attribuiscono (resurrezioni di bambini e ragazzi). Un lavoro reso difficile da complicazioni anche tragiche: muore assassinato il confessore spirituale di lei; l’arcivescovo di Magonza cerca di sabotare le indagini. Ma Roma le fa riprendere. E si arriva alla canonizzazione nel 1235, sempre a opera di papa Gregorio. I suoi resti, trafugati da Marburgo durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. E’ compatrona dell’Ordine Francescano secolare. 

 

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Pagina aggiornata il 09/04/2025