José De Espronceda

José Ignacio Javier Oriol Encarnación de Espronceda y Delgado più semplicemente José de Espronceda, che è stato poeta, giornalista e politico spagnolo, ma soprattutto il maggior esponente del romanticismo del suo paese.

Descrizione

JOSÉ DE ESPRONCEDA

In queste pagine vi abbiamo già scritto alcune brevi note su Carolina Coronado di Almendralejo, la donna che ha lasciato un segno nella letteratura romantica spagnola  e che rende orgogliosa la popolazione della città nostra gemella. 

Il suo nome è strettamente legato a quello di  José Ignacio Javier Oriol Encarnación de Espronceda y Delgado (Almendralejo 1808 - Madrid 1842), più semplicemente José de Espronceda, che è stato poeta, giornalista e politico spagnolo, ma soprattutto  il maggior esponente del romanticismo  del suo paese.

È stata questa un’epoca d’oro per la cultura in Estremadura, quando letteratura e politica erano profondamente unite, non essendovi niente di strano se i politici praticavano la letteratura ed i letterati di dedicavano alla politica; le vite dei due poeti di Almendralejo, José de Espronceda e Carolina Coronado, ne sono la conferma.

Figlio di un sergente maggiore della Cavalleria Borbonica, José nacque nel Palazzo dei marchesi di Monsalud, attuale municipio di Almendralejo, con i quali la famiglia de Espronceda era in rapporti di buona amicizia.

José de Espronceda studiò al Colegio de San Mateo di Madrid ed ebbe come insegnante Alberto Lista che in seguito lo portò nella scuola da lui fondata. A quindici anni, dimostrando di essere già un liberale coraggioso,creò con  Ventura de la Vega e Patricio de la Escosura  una società segreta, che chiamarono «los Numantinos» («quelli di Numanzia», 1823-1825), per vendicare la morte di  Rafael del Riego.

Nel 1825 fu denunciato per tale azione e deportato in un monastero  di Guadalajara, dove rimase per cinque anni. Successivamente, visitò il Portogallo, il Belgio, i Paesi Bassi, la Francia e l'Inghilterra, dove si innamorò di Teresa, figlia del colonnello liberale emigrato Epifanio Mancha.

Partecipò ai moti rivoluzionari del 1830. Poco dopo, Teresa si sposò con un commerciante chiamato Guillermo del Amo, per ordine del padre; tuttavia, nel 1833 a Parigi, Espronceda la incontrò e insieme tornarono in Spagna, accompagnati da altri liberali amnistiati  in seguito alla morte di Ferdinando VII. I due si allontanarono nel 1838 e lei morì poco tempo dopo.

Da quel momento in poi, Espronceda si dedicò alla politica e al giornalismo. Si arruolò nella Milicia Nacional, arrivando al grado di Primer Teniente de la Compañía de Cazadores. Nel 1841 venne nominato segretario del consolato spagnolo all'Aia e poco dopo fu eletto deputato progressista ad Almería. Nel 1842 venne eletto parlamentare alle Cortes Generales per il Partido Progresista. Morì a soli 34 anni, poco prima di sposarsi con Bernarda de Beruete, di difterite.

Iniziò a scrivere durante la propria reclusione nel monastero e, stimolato dal suo maestro Alberto Lista, scrisse il poema storico El Pelayo, che lasciò incompiuto. Più tardi si cimentò nel romanzo storico, con Sancho Saldaña o el castellano de Cuéllar. Nel 1840 ottenne il primo successo con Poesías, i cui temi erano il piacere, la libertà, l'amore, il disinganno, la morte, la patria, la tristezza, il dubbio, la protesta sociale.

L'alta fama di Espronceda come rappresentante tipico del romanticismo spagnolo è dovuta ai suoi punti in comune con Lord Byron. El estudiante de Salamanca, in particolare, ritenuto uno dei capolavori del romanticismo europeo, è un poema narrativo che segue il tema del seduttore-don Giovanni, già affrontato appunto da Byron, ma che riprende anche i motivi della sfida a Dio e dell'esaltazione dell'individualismo del protagonista. L'incompleto El Diablo Mundo, del 1841, è invece un eterogeneo poema filosofico nel quale il poeta estremeño descrive l'uomo come un essere dalla naturale innocenza che soffre la realtà sociale e le sue negatività; in essa è compreso il famoso «Canto a Teresa», dedicato all'amante, una delle più importanti elegie  amorose.

Ha anche scritto una grande quantità di poemi corti che chiamò Canciones, tra le quali si ricordano la Canción del pirata, A Jarifa en una orgía, El verdugo, El mendigo, El reo de muerte o Canción del cosaco. Tutti questi poemi si ispirano a personaggi emarginati o esclusi dalla società, attraverso i quali si esprime per la prima volta in Spagna una critica sociale tramite la poesia.

Nel suo Himno al sol e nel poema Óscar y Malvina, Espronceda si avvicina anche alla poesia di James Macpherson, l'autore dei Canti di Ossian. Scrisse anche un'opera teatrale, Blanca de Borbón.

Tra le sue opere maggiormente conosciute vi è A una estrella, per certi versi assimilabile alla poesia di Leopardi Alla luna.

 

La città di Almendralejo giustamente la ricorda con un busto in Plaza de Espronceda dello scultore Pedro Navia Campos, inaugurato nel 1929, e con l’evento annuale “Itinerario letterario sul romanticismo”, festival di interesse turistico regionale, concesso dalla Giunta di Extremadura nel 2017. Durante le giornate di questo evento i residenti e visitatori hanno l’opportunità di scoprire personaggi d’epoca, di vedere le rievocazioni storiche, di partecipare a spettacoli di danza, musica e teatro, per ricreare il fascino di una passeggiata nella Almendralejo del XIX secolo per mano di José de Espronceda e Carolina Coronado.
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Ho scelto per voi la Canzone del pirata, dove il protagonista ha come massimi ideali e valori la libertà, il coraggio e l’indipendenza; lo scopo del narratore è dirci che dobbiamo affrontare qualunque ostacolo incontriamo, sapere che la libertà è sempre presente, mostrare il nostro coraggio, correre dei rischi e non dimenticare mai che siamo la nostra stessa ombra.

a.c.

 
La canzone del pirata

Con dieci cannoni per lato,
vento in poppa e vele spiegate,
non solca il mare, ma vola,
un veliero brigantino.
Vascello pirata che chiamano,
per la sua audacia, Il Temuto,
in ogni mare conosciuto
in un’eco senza confine.

La luna scintilla nel mare,
sulla tela geme il vento
e solleva in moto leggero
onde d’azzurro e d’argento;
e va il capitano pirata
cantando allegro a poppa,
l’Asia da un lato, dall’altro l’Europa,
e là, giusto di fronte, Istanbul.

Naviga, veliero mio, senza timore,
che né nave nemica né tormenta o bonaccia
la tua rotta può deviare o piegare il tuo valore.

Vénti prede abbiamo fatto
a dispetto dell’inglese
e hanno ammainato i loro pennoni
cento nazioni ai miei piedi.

Che è la mia nave il mio tesoro,
che è il mio dio la libertà,
la mia legge, la forza e il vento,
la mia unica patria, il mare.

Laggiù fanno scoppiare una feroce guerra
ciechi re per un palmo di terra;
qui io tengo per mio quello che abbraccia il mare selvaggio,
che sfugge a ogni regola e a ogni legge.

E non c’è approdo alcuno né bandiera sfavillante,
che non riconosca il mio diritto e tributi onori al mio valore.

Al grido di “nave in vista” dovreste vedere
come cambiano rotta e si affannano a scappare a piene vele;
perché io sono il re del mare,
e la mia furia fa tremare.

Ripartisco il bottino suddiviso in parti uguali;
solo apprezzo per ricchezza la bellezza che non ha rivali.

Sono condannato a morte e me ne rido;
non mi abbandonerà la sorte,
e proprio chi ora mi condanna a morte,
appenderò, forse, un giorno all’albero
della sua stessa nave.

E se cado, cos’è la vita?
L’avevo già data per persa,
quando il giogo della schiavo mi strappai senza paura.

Non c’è musica migliore che il vento di tramontana,
lo strepito e il tremore dei cavi sbatacchiati,
i bramiti del nero mare e il ruggire dei miei cannoni.

E al suono violento del tuono e al soffio del vento
io m’addormento quieto, dondolato dal mare.

Che è la mia nave il mio tesoro,
che è il mio dio la libertà,
la mia legge, la forza e il vento,
la mia unica patria, il mare.

 

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Pagina aggiornata il 09/04/2025